LETTERA A UN BAMBINO MAI NATO - ORIANA FALLACI

Mi ricordo benissimo il momento, in cui questo libro uscì: si parla dell'ormai lontanissimo 1975. Ero alle elementari e, dunque, non mi potevo rendere conto pienamente della portata dell'evento. Mi ricordo, però, il gran parlare che se ne faceva, veniva nominato alla radio e alla televisione, era recensito nelle riviste. E, naturalmente, arrivò anche in casa nostra.

L'ho sempre visto nella libreria della mia mamma, con la copertina ormai scolorita, una vecchia edizione del Club Italiano dei Lettori, ma non mi era mai venuto in mente di leggerlo, mai l'avevo preso in mano, mai l'avevo nemmeno considerato. Immagino che il suo colore grigio sbiadito sia sempre stato un bel deterrente, perché, quando decido di leggere, vado spesso a istinto e un'edizione troppo seria, mi rendo conto, spesso mi blocca.

L'anno scorso, però, avevo letto Un uomo, anche quello da sempre sullo stesso scaffale, e avevo finalmente conosciuto Oriana. Inutile dire che è stato amore sin dalle prime pagine.

Così, prima delle ultime vacanze, sono andata senza esitazione a recuperare il grigio volume, attendendo con ansia la prima giornata di spiaggia per cominciarlo.

L'incipit è folgorante, è diretto, ti catapulta subito dentro il libro. Mi piacciono gli inizi di questo tipo. In poche righe l'autrice arriva al nocciolo della questione: e se nascere non ti piacesse? Interessante prospettiva questa, chi l'ha detto che nascere sia automaticamente bello? La vita non è certo una passeggiata, non lo è per nessuno, è fatica, è dolore, ci sono pericoli in agguato.

L'elencazione martellante degli aspetti negativi dell'esistenza non mi pare, però, il riflesso della disillusione di questa donna, come ho letto su alcune recensioni; non riesco a vedervi odio per il mondo e per la vita. Colgo, invece, solo il grande amore per il bambino, che si sta formando dentro di lei, l'innato istinto di protezione verso una creatura indifesa, la sua creatura.

E non ravviso in questi continui avvertimenti, sottolineati da racconti di vita vissuta, negatività. No, davvero! Io vedo semplicemente un'analisi lucida e spietata della realtà. Questo è quello che ci aspetta, non siamo ipocriti, la vita è sacrificio, è una sfida continua. Certo poi, nella realtà delle cose, non tutti partono sulla stessa linea di partenza, questo non lo possiamo negare, ma anche le situazioni apparentemente più felici a volte nascondono drammi esistenziali non facilmente intuibili dall'esterno.

Quindi, piccolo, fai attenzione, stai in guardia fin da subito!

Siamo ben lontani dall'immagine sdolcinata della maternità, quella tutta rosa confetto delle riviste specializzate, quella di una pancia beatamente cullata su una sedia a dondolo, quella di bavaglini ricamati in un atmosfera da Mulino Bianco.

Ma siamo ben lontani anche dall'assurdo terrorismo di certe mamme super esperte che, con un certo sadismo, enumerano a te, che ti sei recentemente scoperta incinta, tutte le sfighe che ti possono capitare, cioè no, quelle che ti capiteranno sicuramente.

Noi qui ci troviamo di fronte ad una donna, che prende atto della nuova realtà, tra normali sbalzi di umore, tra dubbi legittimi, tra paure più che comprensibili. Una donna realista, che analizza fin da subito le conseguenze della sua scelta di portare avanti la gravidanza, i cambiamenti che ci saranno nel suo corpo, nel suo lavoro, nella sua vita in generale.

Parliamoci chiaro, nessuna di noi è realmente preparata a questi cambiamenti, un conto sono le parole e un conto sono i fatti. Ti insegnano a fare così e così, a procedere secondo dogmi, a fare questo o quello, perché così si deve fare, ma le variabili sono tantissime, troppe, non ci sono certezze.

Ogni gravidanza è diversa, non ci sono regole universali, strade giuste da seguire. La maternità è un qualcosa di talmente personale, anche se ci avvicina tutte, che ogni esperienza è una storia a sè.

Ho sempre creduto che il libro fosse autobiografico, ma ho recentemente letto che non è così, o almeno non si ha la certezza. Mi pare impossibile, però, che una donna, che non si sia trovata in questa situazione, che non abbia provato quelle emozioni e non abbia vissuto davvero quel dramma, possa scrivere un libro del genere.

Certe cose o le vivi sulla tua pelle oppure non le capisci, anche se ti sforzi. Per questo sono contenta di non aver letto il libro prima di essere mamma, perché probabilmente non l'avrei apprezzato e compreso fino in fondo.

Mi sono trovata subito in sintonia con questa donna che, non senza porsi interrogativi, va diritta per la sua strada. Quando ho saputo di essere incinta sono scoppiata a ridere e, ridendo, sono andata avanti, facendo tutto quello che avevo voglia di fare, soprattutto turandomi le orecchie per evitare il non richiesto bombardamento di consigli, pareri e norme da seguire. Ho anche sbagliato su certe cose, ovvio, mica sono la scienza infusa, ma ho vissuto serenamente, godendomi ogni istante della mia pancia. 

La situazione non è certo paragonabile: io ho un marito, lei è sola; io non lavoro fuori casa, lei ha una carriera; lei mi pare piuttosto giovane, io non lo sono più tanto. Ma l'ho sentita molto vicina comunque.

Ho trovato geniale il sogno-processo in cui i vari personaggi presenti, i giudici, non sono altro  che la metafora dei diversi punti di vista sulla vicenda. Si alternano sugli scranni con un ritmo incalzante un medico all'antica, una dottoressa moderna, il commendatore (cioè il datore di lavoro), l'amica, il padre del bambino, i genitori. Tutti dicono la loro, tutti hanno la loro verità, tutti difendono con veemenza la propria opinione.

Ma questa donna, in definitiva, è da assolvere o da condannare? È stata tutto sommato sollevata dalla perdita del bambino, una scocciatura in meno, oppure il suo dolore è stato immenso?

La risposta la dà lo stesso bambino, che parla nel sogno con voce di adulto. Ciascuno di loro ha detto una verità, e tu lo sai: me lo hai insegnato tu che la verità è fatta di molte verità differenti. Sono nel giusto coloro che ti hanno accusato e coloro che ti hanno difeso, coloro che ti hanno assolto e coloro che ti hanno condannato. Però quei giudizi non contano. Tuo padre e tua madre hanno ragione a rispondere che non si può entrare nell'anima altrui.

Un inno alla vita questo libro, nonostante il tragico epilogo.

Davvero imperdibile!


Aggiornamento del 28 luglio 2016

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